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Intervista esclusiva allo stilista SIMONE GUIDARELLI

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di Jennifer Ibrahimi

Com’è iniziato il percorso nella moda, e com’è diventato Simone Guidarelli?

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Il mio percorso è diverso, mi sono laureato in psicologia a Roma e nel frattempo per mantenermi agli studi ho lavorato per quasi 10 anni con uno stilista, lì ho imparato come fare un moodboard, a conoscere i tessuti, la maglieria, cose molto tecniche che esulano a volte dai miei colleghi. Infatti faccio molte consulenze in quanto sono un po’ una via di mezzo tra uno stilista e uno stylist, perché conosco il prodotto e questo mi ha è permesso in qualche modo di lavorare all’interno del mondo della moda, in modo molto trasversale e anomalo. La moda l’ho sempre amata in realtà perché è una via d’espressione e io amo tutto ciò che fa esprimere l’essere umano. Mi hai chiesto come sono arrivato fin qui? Ti dico, secondo me è tutto scritto nella vita ho avuto un’infanzia dove poter sperimentare la mia libertà e questo mi ha aiutato. Ora, quando sei conosciuto è facile raccontare la tua esperienza ma magari quando sei in un momento della tua vita che non sai come può andare a finire è un po’ più difficile. Una cosa che, però, ho sempre fatto è che non mi sono preoccupato di guardare intorno ma avanti a me.

Da dove arriva la sua creatività?

La mia creatività deriva dalla mia storia. Ho avuto un’infanzia molto ricca, sono nato in un paesino piccolo delle marche ed è stata proprio quella la mia grande fortuna, in cui ho potuto sperimentare la libertà, osservare e guardare. Giocavo sempre nelle soffitte e i miei genitori mi hanno lasciato una grande libertà espressiva. Oggi quello che a noi manca, e che noi sopravvalutiamo, è il tempo. Io mi sono preso il tempo per sbagliare e per capire, e anche  il fatto di non avere i social è stata una grande fortuna. Sai, è come lavorare con le emozioni, perché oggi se qualcosa va male ti distrai facilmente, allora in realtà ti ritrovavi di fronte a gestire e convivere con la tua sofferenza permettendomi cosi di crescere. Quello che voglio dire è che, la nostra storia è scritta ed è inutile cercare di imitare chi ci piace, perché in realtà la vita per te può essere diversa.

Oltre a stylist è anche fashion editor di molti magazine famosi come Vanity Fair ed Elle, cosa la spinge a scegliere una foto piuttosto che un’ altra per la copertina?

L’editoriale è arrivato dopo, quando conobbi il fotografo Giovanni Gastel che mi ha sempre sostenuto e incoraggiato fino a farmi conoscere la redattrice di Elle, con il quale lavorai per tre anni come assistente, finché mi chiesero di fare il mio primo servizio, che poi si chiamò “Night and Day” si trattava di look da giorno e da sera. Piacque molto e da lì continuai per un anno a fare ancora l’assistente perché le dovevo istruire il suo nuovo assistente. Per la scelta delle copertine diciamo che è un meccanismo complesso, c’è tutto un progetto dietro ed è una scelta di gruppo con il direttore in cui decidiamo il tema. Viste le tendenze, le sfilate, può essere ispirato anche ad un film e dopodiché si decide a chi affidare il lavoro, al fotografo giusto e a chi lo potrebbe interpretare al meglio.

La moda sta diventando un po’ obsoleta, partendo dai capi, dalle foto dalle campagne pubblicitarie, non c’è qualcosa che ci sconvolge più di tanto, o qualcosa che ci susciti nuove emozioni. Quindi le chiedo, secondo lei, cosa è necessario per essere originali?

La vera verità per essere originali per me è la vista, perché noi viviamo in un mondo in cui è tutto finto, creiamo immagini non vere, viviamo in questo mondo dell’apparire dove le persone, soprattutto nella moda, vogliono inventare e far veder qualcosa che non c’è, viviamo in un mondo in cui il packaging è tutto ma poi la sostanza non esiste. Quindi per me la vera modernità sarebbe riportare una certa realtà, ma attenzione non parliamo di normalità perché sarebbe noiosa, bisogna creare una realtà più oggettiva e umana.

I social sono mezzi importanti per mandare, messaggi e poter esprimere il proprio parere. Ma non crede che questi mezzi hanno portato gli stilisti ad non esprimere più la propria creatività, ma a pensare e produrre più con una mente più standardizzata?

La moda è anche commercio. Il connubio perfetto sarebbe in entrambe, perché devi avere i mezzi per costruire un sogno. Io non mi siedo e penso qualcosa di nuovo, ma mi siedo e vado su Pinterest per vedere quello che è stato fatto, ed  è quella la chiave; cioè sono mezzi potentissimi che io uso molto, però ricordiamo che è la traduzione poi quello che diventa creazione perché se no poi… copi! I social sono positivi perché mi hanno permesso di arrivare a molte più persone.

Come nasce la collaborazione con Machacafè? Che storia c’è dietro?

Nasce perché tre anni fa inizio le mie carte da parati e fare disegni. Faccio la mia prima  collaborazione con k-Way e inizio a muovermi all’interno del design. Gli architetti, incuriositi da questi disegni per loro nuovi, mi chiedono una collaborazione di esclusiva sulle mie creazioni in cui li avevano solo a Milano. Da lì, quindi abbiamo creato questo concetto tra cibo architettura ma anche glamour. Poi ho fatto varie collaborazioni tipo con Benz, dove hanno fatto una macchina da 500 mila euro con il quale feci tutta la fashion week, perché volevano buttare l’occhio anche sui compratori più giovani. Quindi facemmo quest’operazione e festeggiammo i 100 anni in Italia con me, dove ero l’ambassador e dove avevo tappezzato la macchina, super lussuosa, con la mia carta da parati. Dopodiché un anno fa decido di aprire un mio mondo e fare cover, mascherine, gadget e ora anche l’abbigliamento. Ora voglio costruire la “Simone Guidarelli Home ”con tutti gli oggetti che sto creando, cioè voglio creare una famiglia attuale in cui il senso di appartenenza della famiglia è l’oggetto. Dietro a questo però c’è una filosofia che voglio perseguire con il made in italye seguendo i criteri sull’ecologia.

Cos’è cambiato nel mondo della moda e se ci sono lati positivi quali sono?

Adesso le persone stanno cercando di mettere a moto i cervelli, nel senso che molti brand sono morti altri si stanno svegliando. Quello che è cambiato è la visione, perché le persone hanno avuto realmente paura e hanno capito che se non smettono di rubare idee e non cercano di crearne nuove o ad unirsi, tipo la collaborazione tra The North Face e Gucci, non succede niente. Tutti prodotti uguali e nessuno vende. Rimane in piedi solo chi si dà da  fare.

Chi è il designer del momento di cui si sentirà parlare per un’ po’?

Aiutoo… questo non lo so. Si parla molto di Gucci, ma di nuovi invece, non vedo nuovi MC Queen all’orizzonte. Perché c’è un iper comunicazione e quindi c’è tanta confusione, non si capisce più chi fa che cosa. Io penso che sentiremo parlare di chi si specializzerà nelle cose. Cioè il concetto di designer e collezioni sta cambiando; tipo noi stylist siamo dei nuovi ricercatori per i designer, sta cambiando proprio la figura, ma cosi come sta ambiando anche tutta la percezione del mondo.

Ultima domanda cosa consiglia ai ragazzi come me che vogliono entrare nel mondo della moda?

Di studiare… perché è importante sapere e conoscere. Per cambiare il mondo ed essere rivoluzionari bisogna imparare e sapere, in modo tale da evitare di fare cose già fatte o cadere nelle trappole. Il sapere, quindi il conoscere la storia delle cose ti aiuta anche ad avere un tuo gusto personale; e anche se ti dicono che è sbagliato tu persegui la tua via, perché è la tua! non dobbiamo piacere a tutti, noi dobbiamo perseguire il nostro desiderio perché quando persegui quello, qualcosa succede.

 

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